Di Roberto Alborghetti

Parlare della cosiddetta “poetica” di Gabriele D’Annunzio davanti ad oltre 400 alunne ed alunne della Scuola Primaria, è stato – per me – uno dei momenti più coinvolgenti e sorprendenti vissuti nel corso dell’evento del maggio scorso a Pescara, per la consegna alle classi del libro “Italiani o it-alieni?”, Funtasy Editrice, da parte del Comune. Partire da D’Annunzio, illustre cittadino pescarese – del quale ricorre quest’anno il 160° della nascita – è stato il modo più semplice per dialogare con i ragazzi su cittadinanza e senso civico.

Mi ha molto colpito il silenzio, non facile quando sei in un teatro strapieno, con oltre 800 occhi puntati su di te. Eppure, è accaduto. Iniziare dai versi di una delle più moderne poesie di D’Annunzio, e da quei verbi “Taci… Ascolta”, è stato come accendere un cortocircuito di attenzione. E che dire quando ho proposto alcuni passaggi de “L’onda”, ripetuti insieme con i 400 allievi che affollavano il Teatro Massimo.

E’ stato un gioco, un divertimento alla massima potenza, perché ragazze e ragazzi sono stati portati “dentro” le emozioni e le sensazioni di una delle poesie che da sempre mi affascinano di più, per quel rincorrersi di “verbi sonori” che non smettono mai di essere avanti nel tempo: “Spumeggia, biancheggia, s’infiora, odora, travolge la cuora, trae l’alga e l’ulva; s’allunga, rotola, galoppa; intoppa…” . E tutto il teatro a ripetere insieme a me, all’unisono: “O sua favella! Sciacqua, sciaborda, scroscia, schiocca, schianta, romba, ride, canta, accorda, discorda, tutte accoglie e fonde le dissonanze acute nelle sue volute profonde”.

E’ stato uno spasso per i ragazzi – e quanti applausi, a se stessi e a D’Annunzio! – ma soprattutto una partecipazione di stati d’animo che sarebbe continuata per altre decine di minuti (purtroppo non ci sono riprese video a documentare l’esperienza).

Tutto questo mi porta ad un pensiero. Si parla sempre tanto di “avvicinare” la scuola al discorso delle emozioni. Si parla di condizione emotiva, richiamandosi magari a Daniel Goleman (“Intelligenza emotiva”) e dimenticandosi pure di Maffei, uno tra i primi in Italia a parlare di questi temi (vedasi “Domande all’uomo”, che ho avuto il piacere di scrivere, anno 1983!). Io sono convinto che per recuperare un equilibrato stato emotivo nei nostri ragazzi serve, in classe, tornare ai fondamentali del linguaggio poetico. Li dentro c’è il mondo dell’essere umano. Non c’è metodo che tenga.

Torniamo a rileggere insieme il patrimonio umano ed emotivo lasciatoci in eredità attraverso la letteratura. È la ricchezza di noi cittadini e di noi popolo. Se non lo fa la scuola, chi altri potrebbe farlo?

      

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